Il parere vincolante di compatibilità paesaggistica reso dalla Soprintendenza, pur non essendo un provvedimento amministrativo in senso stretto, può essere annullato d'ufficio dalla medesima Autorità qualora emerga successivamente la conoscenza di elementi decisivi ai fini della valutazione, non rappresentati dall'istante, che inficino radicalmente il contenuto del parere originariamente espresso. Ciò in quanto il giudizio di compatibilità paesaggistica, pur essendo funzionalmente distinto dalla verifica dei requisiti urbanistici ed edilizi, costituisce comunque presupposto legittimante la trasformazione del sito vincolato, sicché la sopravvenuta conoscenza di circostanze ostative all'edificazione rende doverosa la rinnovazione dell'azione amministrativa, senza che possa rilevare il decorso del termine di 18 mesi previsto per l'annullamento d'ufficio qualora il privato abbia omesso di rappresentare elementi di assoluta rilevanza. L'annullamento del parere favorevole, pertanto, non è precluso dal principio della consumazione della funzione consultiva, atteso che il canone di ragionevolezza impone di contemperare tale principio con l'esigenza di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell'interesse pubblico, prevalente rispetto all'affidamento ingenerato nel privato dal precedente parere.