Cassazione penale Sez. V sentenza n. 32155 del 7 agosto 2024

ECLI:IT:CASS:2024:32155PEN

Massima

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Il reato di diffamazione si configura quando l'autore della frase lesiva dell'altrui reputazione comunica con almeno due persone ovvero con una sola persona ma con modalità tali che detta notizia venga sicuramente a conoscenza di altri. Tale requisito si presume quando l'espressione offensiva sia contenuta in un documento che, per sua natura, sia destinato ad essere visionato da più persone. Tuttavia, l'invio di un messaggio mediante posta elettronica, anche laddove questa sia certificata, non integra di per sé l'aggravante della commissione del fatto mediante un mezzo di pubblicità, essendo necessario che il mezzo utilizzato sia astrattamente in grado di portare il messaggio diffamatorio a conoscenza di un numero indeterminato di persone, come nel caso della pubblicazione su un sito internet consultabile da chiunque o della pubblicazione mediante un profilo Facebook accessibile a tutti. Il giudice, anche in sede di legittimità, può escludere di ufficio un'aggravante laddove, sulla base della ricostruzione del fatto operata dai giudici del merito, non ne ricorrano i requisiti, in attuazione del principio iura novit curia, essendo tale potere espressione del principio di legalità che deve trovare applicazione in ogni momento del processo. Pertanto, ove sia esclusa l'aggravante della commissione del fatto mediante un mezzo di pubblicità, il reato di diffamazione rientra nella competenza del giudice di pace, con conseguente illegittimità della pena della reclusione e necessità di un nuovo esame sul trattamento sanzionatorio.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta da

Dott. MICCOLI Grazia Rosa Anna - Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa - Consigliere

Dott. ROMANO Michele - Relatore

Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere

Dott. MELE Maria Elena - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ma.Se., nato a C il (Omissis)
avverso la sentenza del 08/11/2023 della Corte di appello di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Michele Romano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola Mastroberardino, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del 18 novembre 2019 del Tribunale di Catanzaro che aveva affermato la …

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