Il provvedimento di rigetto dell'istanza di fallimento, non avendo carattere decisorio e definitivo, non è impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., così come il provvedimento della Corte d'appello che, in sede di reclamo, lo confermi o lo revochi, in quanto avente valore ed effetti non diversi dal decreto che surroga. Tale principio si fonda sulla natura non definitiva e non decisoria del provvedimento di rigetto dell'istanza di fallimento, il quale non determina l'accertamento dello stato di insolvenza del debitore né l'apertura della procedura concorsuale, ma si limita a respingere la domanda di fallimento senza precludere la possibilità di una successiva riproposizione della stessa. Pertanto, il provvedimento di rigetto dell'istanza di fallimento, essendo privo dei caratteri della decisorietà e della definitività, non è suscettibile di impugnazione in sede di legittimità, in quanto non rientrante nell'ambito applicativo dell'art. 111, comma 7, Cost., che ammette il ricorso per cassazione solo avverso le sentenze e i provvedimenti che pongono fine al processo. Tale orientamento giurisprudenziale mira a evitare un eccessivo aggravio del contenzioso in Cassazione e a garantire la concentrazione delle impugnazioni sui provvedimenti che definiscono il merito della controversia, in linea con il principio di ragionevole durata del processo e di economia processuale.