Cassazione penale Sez. V sentenza n. 40045 del 12 novembre 2010

ECLI:IT:CASS:2010:40045PEN

Massima

Massima ufficiale
In tema di delitti contro la personalità individuale, la condizione analoga alla schiavitù è, ex art. 600 c.p., una situazione di fatto i cui estremi sono configurabili qualora la persona sia ridotta in stato di soggezione e costretta a prestazioni di lavoro stressanti o alla prostituzione, con sfruttamento dei compensi dovutigli con inganno, per abuso di autorità, approfittando della situazione di inferiorità fisica o psichica o di necessità, oltre che minaccia o violenza. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha confermato l'affermazione di responsabilità, in ordine al reato di cui all'art. 600 c.p., nei confronti degli imputati, i quali avevano ridotto in soggezione persone provenienti da Paesi dell'Est, privandole dei passaporti, collocandoli in luoghi isolati privi di relazioni esterne, corrispondendo retribuzioni nettamente inferiori alle promesse e imponendo loro contestuali sacrifici di esigenze primarie, alloggi fatiscenti, assenza di servizi igienici, privazioni alimentari, impossibilità di spostarsi sul territorio essendovi veicoli preordinati solo a condurli nei campi e, quindi, rendendoli incapaci di sottrarsi allo sfruttamento altrui, corredato se del caso da violenze e minacce). Ai fini della configurabilità del delitto di tratta di persone (art. 601 c.p.), non è richiesto che il soggetto passivo si trovi già in schiavitù o condizione analoga, con la conseguenza che il delitto in questione si ravvisa anche se una persona libera sia condotta con inganno in Italia, al fine di porla nel nostro territorio in condizione analoga alla schiavitù; il reato di tratta può essere, infatti, commesso anche con induzione mediante inganno in alternativa alla costrizione con violenza o minaccia, al fine di commettere i delitti di cui all'art. 600, comma primo, c.p. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha confermato la responsabilità, in ordine al delitto di cui all'art. 601 c.p., nei confronti degli imputati, i quali avevano pubblicato su stampa in Polonia ed altri Paesi dell'Est nonché via internet annunci ingannevoli di lavoro ben remunerato in Italia assicurando trasferimento, alloggio e vitto nel luogo di destinazione dove singole cellule smistavano i lavoratori nei campi e li riducevano in schiavitù).

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COLONNESE Andrea - Presidente

Dott. ROTELLA Mario - rel. Consigliere

Dott. OLDI Paolo - Consigliere

Dott. BRUNO ((omissis)) - Consigliere

Dott. ARMANO Uliana - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) MU. PE. , N. IL (OMESSO);

2) NI. JA. CE. , N. IL (OMESSO);

3) PO. JA. MA. , N. IL (OMESSO);

4) KO. RA. , N. IL (OMESSO);

5) WN. AN. ZD. , N. IL (OMESSO);

6) PO. DA. , N. IL (OMESSO);

7) NO. RO. , N. IL (OMESSO);

8) KO. ZB. , N. IL (OMESSO);

9) ZA. ED. , N. IL (OMESSO);

10) GO. EL. , N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 2267/2008 CORTE APPELLO di BARI, del 26/03/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

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