Il favoreggiamento della permanenza illegale di uno straniero sul territorio nazionale, realizzato mediante false attestazioni dell'esistenza di un rapporto di lavoro al fine di ottenere indebitamente il rilascio di un permesso di soggiorno, integra il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di tentativo di induzione in errore dell'autorità pubblica. Tale condotta, caratterizzata dall'abuso di una situazione di bisogno dello straniero e dalla capacità a delinquere dell'agente, è meritevole di una pena detentiva e pecuniaria, senza possibilità di concessione delle attenuanti generiche, in quanto espressione di una grave violazione della normativa sull'immigrazione e del dovere di lealtà e collaborazione con la pubblica amministrazione. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato e nell'irrogare la sanzione, deve dare conto in modo esaustivo delle risultanze probatorie e delle ragioni che giustificano il diniego delle circostanze attenuanti, senza omettere di considerare le deduzioni difensive, al fine di rendere la motivazione immune da vizi di logicità e coerenza interna.