Il Comune, nell'esercizio della propria attività di pianificazione urbanistica, può legittimamente introdurre limiti all'insediamento di grandi strutture di vendita, anche in deroga ai principi di liberalizzazione economica, purché tali limiti siano il risultato di valutazioni relative a profili strettamente ambientali e urbanistici, finalizzate a garantire l'ordine e la razionalità dell'assetto del territorio. Tali limiti non possono essere considerati incompatibili con i principi in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi sanciti dalla direttiva 123/2006/CE e dai provvedimenti legislativi nazionali di recepimento, in quanto perseguono obiettivi di tutela dell'ambiente urbano e non costituiscono una regolazione autoritativa dell'offerta sul mercato. Il Comune può, inoltre, differenziare la pianificazione tra medie e grandi strutture di vendita, purché nel rispetto delle procedure previste dalla legge regionale, senza che ciò comporti una violazione del principio di uguaglianza o di buona amministrazione. La modifica delle previsioni urbanistiche, intervenuta successivamente all'avvio della fase attuativa da parte del privato, non determina necessariamente un pregiudizio ingiusto, salvo il caso in cui il privato abbia già ottenuto un valido titolo edilizio, in ragione del quale possono sorgere evidenti ragioni di affidamento tutelate dal principio di buon andamento.