Cassazione penale Sez. III sentenza n. 19644 del 28 aprile 2003

ECLI:IT:CASS:2003:19644PEN

Massima

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Il giudice di legittimità, nell'esercizio del sindacato sulla motivazione della sentenza impugnata, deve limitarsi a verificare l'esistenza di un apparato argomentativo logico e coerente sui punti decisivi della decisione, senza poter sindacare l'adeguatezza e la rispondenza delle argomentazioni alle risultanze processuali, salvo che non emergano vizi di macroscopica evidenza. La deposizione della parte offesa, pur portatrice di un interesse antagonista rispetto all'imputato, non necessita di riscontri oggettivi, purché sia sottoposta a un attento controllo di credibilità e attendibilità, particolarmente penetrante solo ove il suo contenuto sia contrastato da più elementi di prova. Il delitto di sfruttamento della prostituzione sussiste anche quando i proventi dell'attività meretrice siano stati forniti spontaneamente dalla prostituta allo scopo di contribuire al mantenimento del "ménage" familiare, essendo sufficiente la mera partecipazione, totale o parziale, ai proventi provenienti da tale attività. Tale reato può concorrere con quello di favoreggiamento della prostituzione, data la diversità dell'elemento materiale, di quello psicologico e del bene giuridico protetto, sicché è ammissibile la continuazione tra le due fattispecie, ove siano state realizzate con modalità differenti.

Sentenza completa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
F. D. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Genova, emessa il 15 febbraio 2001, con la quale veniva condannato per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, continuati ed aggravati, deducendo quali motivi la nullità della sentenza per avere la Corte disatteso un certificato medico attestante un ricovero ospedaliero, poiché non recava la data del rilascio senza effettuare alcun accertamento; la carenza ed illogicità manifesta della motivazione in ordine alla valutazione della credibilità ed attendibilità della parte offesa, che doveva essere considerata imputata in procedimento connesso e non testimone e di cui non erano state considerate le ragioni di rancore nei confronti del ricorrente; la violazione della legge n. 75 del 1958 perché non sussistevano i presupposti del delitto di sfruttamento, in quanto la somma veniva fornita spontaneamente e per la B. non vi era neppure la prova di aver p…

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