L'obbligo di motivazione degli atti amministrativi, sancito dall'art. 3 della legge n. 241/1990, costituisce un presidio di legalità sostanziale insostituibile, in quanto finalizzato a consentire il sindacato giurisdizionale sul corretto esercizio del potere amministrativo e a garantire la trasparenza e l'intellegibilità dell'azione della Pubblica Amministrazione. Tale obbligo impone all'Amministrazione di esplicitare, sia pur in modo succinto, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato l'adozione del provvedimento, in modo da rendere ricostruibile il percorso logico-giuridico seguito. Il difetto di motivazione, pertanto, non può essere assimilato a meri vizi formali o procedurali, ma integra un vizio sostanziale che inficia la legittimità dell'atto, non potendo essere sanato da una successiva motivazione "postuma" fornita nel corso del giudizio. Ciò in quanto la motivazione rappresenta l'essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo, costituendo un presidio di legalità insostituibile, a tutela del diritto di difesa e dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della Pubblica Amministrazione.