Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 49246 del 21 novembre 2016

ECLI:IT:CASS:2016:49246PEN

Massima

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Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale si configura quando l'agente pone in essere atti positivi di aggressione o di minaccia che impediscano al pubblico ufficiale di compiere l'atto del proprio ufficio, rimanendo al di fuori della fattispecie un comportamento di mera disobbedienza o resistenza passiva. L'integrazione del reato di cui all'art. 337 c.p. prescinde dall'esito positivo o negativo dell'azione, essendo sufficiente che l'imputato abbia posto in essere una condotta attiva e violenta che abbia reso più difficoltoso l'operato degli agenti, anche qualora l'azione sia stata posta in essere dopo essere stato ammanettato. In tali casi, la reazione spontanea ed istintiva dell'imputato non può essere ricondotta a una mera resistenza passiva, ma integra gli estremi del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, in quanto l'uso della violenza ha impedito o reso più difficoltoso l'esercizio delle funzioni del pubblico ufficiale.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Giovanni - Presidente

Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia - Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere

Dott. SCALIA Laura - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
nelle forme della motivazione semplificata sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), alias (OMISSIS), nato in (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/11/2015 della Corte di appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCALIA Laura;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PINELLI ((omissis)), che ha concluso per l'inammissibilita'.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte…

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