Il diniego di un visto d'ingresso per motivi di turismo deve essere adeguatamente motivato e può essere oggetto di sindacato giurisdizionale, in quanto incide sulla libertà di circolazione e sul diritto al libero esercizio dell'attività economica. L'Amministrazione è tenuta a riesaminare la domanda di visto alla luce delle censure dedotte dal ricorrente, nel rispetto del principio del giusto procedimento e del diritto di difesa. Qualora il visto sia successivamente rilasciato, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, fermo restando il diritto del ricorrente al rimborso delle spese di lite sostenute, in quanto vittorioso in sede cautelare. Il giudice amministrativo, nel valutare la legittimità del diniego di visto, deve bilanciare l'interesse pubblico all'ingresso controllato di stranieri con il diritto individuale alla libertà di circolazione e di iniziativa economica, verificando la congruità e ragionevolezza della motivazione addotta dall'Amministrazione.