Il vincolo urbanistico che inibisce le ordinarie facoltà edificatorie del proprietario, prevedendo la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, deve essere adeguatamente motivato in ordine all'attualità dell'interesse pubblico da soddisfare e alla necessità di incidere sulla sfera giuridica del privato, non essendo sufficiente la mera reiterazione del vincolo in assenza di un concreto programma di attuazione. La previsione urbanistica che sottopone i terreni privati ad un regime pubblicistico, limitando le facoltà dominicali oltre il mero contenuto conformativo del diritto di proprietà, configura un vincolo sostanzialmente espropriativo che necessita di una specifica e congrua motivazione, non potendo essere reiterato sine die in assenza di un effettivo e tempestivo avvio del procedimento espropriativo. Il mero riferimento alla possibilità di realizzare, in via residuale, anche strutture private non è sufficiente a escludere il carattere sostanzialmente espropriativo del vincolo, ove le concrete possibilità edificatorie risultino di fatto inibite o comunque fortemente compresse. Pertanto, la reiterazione del vincolo urbanistico decaduto per decorso del termine è legittima solo se corredata da congrui e specifici elementi oggettivi sull'attualità della previsione, con una nuova ed adeguata comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti.