Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 776 del 23 settembre 1994

ECLI:IT:CASS:1994:776PEN

Massima

Massima ufficiale
L'ipotesi di concorso in detenzione di sostanza stupefacente, destinata ad uso personale da parte di ciascuno dei detentori, non è più preveduta dalla legge come reato, in base all'art. 75 D.P.R. n. 309/90, come modificato dal D.P.R. n. 171/1993. La codetenzione per l'uso in comune di sostanze stupefacenti è una situazione di fatto unitaria, caratterizzata da un rapporto intimo che si stabilisce e si esaurisce fra i soggetti, codetentori di singole quote ideali. Da siffatta situazione non può farsi derivare - a priori - un concorso nel reato di codetenzione di droga a fine di spaccio, nel presupposto astratto di una presunta cessione reciproca di quote oppure per effetto di una possibile disponibilità, da parte di ciascun codetentore, dell'intero quantitativo della sostanza drogante. Ai fini della ipotizzabilità del concorso nel reato di codetenzione a fine di spaccio, è necessaria l'acquisizione di una prova certa che, travalicando il fatto unitario e le ragioni specifiche della codetenzione della sostanza drogante, dimostri, in modo concreto e senza equivoci, che tale situazione - di per sé neutra - sia finalizzata all'attività di spaccio all'interno del gruppo dei codetentori oppure nei confronti di terzi. In difetto di prove rassicuranti, s'impone l'assoluzione dal reato, dovendosi ritenere, ai fini della revoca della sentenza ex art. 673 cod. proc. pen., che ricorre la condizione favorevole al reo dell'uso personale della droga, per effetto dello "jus novum" perché il fatto non è più previsto come reato.

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