Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il reato di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato (art. 611 c.p.) è un reato di pericolo e a consumazione anticipata, per il quale non è necessario che l'agente raggiunga effettivamente lo scopo di costringere altri a commettere un fatto costituente reato, essendo sufficiente l'utilizzo di violenza e/o minaccia concretamente dirette a tale fine. Pertanto, la condotta degli imputati, se effettivamente tenuta, integra il reato di cui all'art. 611 c.p. e non l'impossibile tentativo riferito allo stesso. La valutazione del giudice di merito in ordine all'insufficienza degli elementi probatori per sostenere l'accusa in giudizio non può essere scalfita dalla mera contrapposizione della valutazione del pubblico ministero, in assenza di ulteriori sviluppi investigativi che abbiano consentito di raccogliere nuovi elementi idonei ad integrare e arricchire il quadro indiziario. Ciò in quanto il sindacato di legittimità della Corte di Cassazione non può spingersi a una rivalutazione del merito della decisione impugnata, se non nei limiti della manifesta illogicità o irragionevolezza della motivazione.