La pubblica amministrazione, nell'esercizio dei propri poteri di autotutela, può annullare d'ufficio l'aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo la stipulazione del relativo contratto, qualora accerti la sopravvenuta carenza dei requisiti di qualificazione in capo all'aggiudicatario. Tale provvedimento di annullamento, ancorché formalmente qualificato come "risoluzione contrattuale", ha natura provvedimentale e non negoziale, incidendo sui presupposti dell'aggiudicazione e non sulle obbligazioni contrattuali. Pertanto, la controversia relativa a tale provvedimento rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto attinente all'esercizio di poteri pubblicistici di verifica dei requisiti di partecipazione alla gara, e non alla fase esecutiva del contratto. Il fondamento normativo di tale potere di annullamento in autotutela è rinvenibile nell'art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, nonché nell'art. 108 del d.lgs. n. 50 del 2016, che disciplina ipotesi di "risoluzione" del contratto per carenza sopravvenuta dei requisiti soggettivi dell'aggiudicatario. Tale potere di annullamento può essere esercitato anche dopo la stipulazione del contratto, in quanto la consequenzialità tra aggiudicazione e stipulazione comporta l'inefficacia di quest'ultima a seguito della caducazione della prima.