Cassazione penale Sez. II sentenza n. 37132 del 22 dicembre 2020

ECLI:IT:CASS:2020:37132PEN

Massima

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Il delitto di associazione di tipo mafioso di cui all'art. 416-bis c.p. si configura quando un gruppo criminale, dotato di una struttura organizzativa di tipo verticistico e gerarchico, si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà per commettere reati, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali. La sussistenza dell'associazione mafiosa può essere desunta da una pluralità di elementi probatori, quali le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, le risultanze delle intercettazioni ambientali e telefoniche, i precedenti penali degli imputati, la loro capacità di intimidazione e di controllo del territorio, nonché la commissione di reati-fine tipici dell'agire mafioso, come le estorsioni e il traffico di droga. Il ruolo apicale di un soggetto nell'ambito del sodalizio criminoso può essere desunto dalla sua capacità di impartire direttive e di coordinare le attività illecite del gruppo, anche in costanza di detenzione, attraverso il mantenimento di un carisma criminale e il controllo delle attività dei sodali. L'aggravante di cui all'art. 416-bis, commi 2, 3, 4 e 5 c.p. è configurabile quando l'associazione mafiosa si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà per commettere reati, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali. L'aggravante di cui all'art. 7 della L. n. 203 del 1991 (ora art. 416-bis.1 c.p.) è configurabile quando il reato è commesso avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo. La configurabilità di tale aggravante richiede la prova del nesso funzionale tra il reato-fine e l'attività dell'associazione mafiosa, nonché della consapevolezza dell'agente di agire in tale contesto. Il delitto di estorsione di cui all'art. 629 c.p. si configura quando il soggetto attivo, mediante minaccia o violenza, costringe taluno a fare o a omettere qualcosa al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Anche la richiesta di cambio di assegni bancari, se formulata in modo intimidatorio e con pretesa di immediata evasione, può integrare il reato di estorsione, in quanto implica una coartazione della libera determinazione della vittima. Il delitto di detenzione e porto illegale di armi da fuoco di cui all'art. 697 c.p. è configurabile quando l'imputato è trovato in possesso di un'arma da fuoco, in assenza dei prescritti titoli autorizzativi, e tale arma risulta essere stata utilizzata per la commissione di altri reati, come atti intimidatori a scopo estorsivo. Il delitto di cessione continuata di sostanze stupefacenti di cui all'art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 è configurabile quando l'imputato pone in essere una pluralità di condotte di cessione di droga, anche se di lieve entità, in un arco temporale apprezzabile, dimostrando una certa organizzazione e sistematicità dell'attività illecita. La circostanza attenuante della particolare tenuità del fatto prevista dall'art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309 del 1990 è applicabile quando le modalità della condotta e l'esiguità della quantità di droga ceduta rendono il fatto di lieve entità, a prescindere dalla abitualità dello spaccio. Il divieto di reformatio in pejus di cui all'art. 597, comma 3, c.p.p. impedisce al giudice di appello di aggravare la posizione dell'imputato rispetto alla sentenza di primo grado, salvo che ciò sia espressamente consentito dalla legge.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGO Geppino - Presidente

Dott. DE SANTIS Anna Maria - rel. Consigliere

Dott. FILIPPINI Stefano - Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo - Consigliere

Dott. SARACO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
2) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
3) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
4) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
5) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
6) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
7) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
8) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
9) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
10) (OMISSIS), n. ad (OMISSIS);
11) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
12) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
13) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
14) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza resa in data 1/3/2…

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