Cassazione penale Sez. I sentenza n. 21356 del 30 maggio 2002
ECLI:IT:CASS:2002:21356PEN
Massima
Massima ufficiale
L'ipotesi prevista dall'art. 416 bis, comma 3, c.p. che punisce la condotta posta in essere al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali, aggiunta dall'art. 11 bis del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 1992, n. 356, nulla ha a che vedere con gli altri casi contemplati dalla disposizione dettata dall'art. 1 della L. 13 settembre 1982, n. 646 e rappresenta una fattispecie autonoma completamente nuova, che qualifica, in modo diverso rispetto alle altre, le finalità cui tende il sodalizio mafioso. Ne consegue che, in virtù del perentorio ed intangibile disposto degli artt. 25, comma 2, Cost. e 2, comma 1, c.p., la condotta addebitabile al soggetto imputato, sussumibile nella fattispecie descritta, può avere rilevanza penale solo se compiuta successivamente all'entrata in vigore del decreto istitutivo della fattispecie stessa e non può essere addebitabile al soggetto solo sulla base della sua presunta appartenenza ad associazioni di stampo mafioso. Il concorso c.d. “esterno” o “eventuale” in associazione per delinquere di tipo mafioso è una forma di partecipazione saltuaria o sporadica all'attività del sodalizio criminoso, connotata, sotto il profilo soggettivo, dalla consapevolezza dell'esistenza e delle caratteristiche del suddetto sodalizio nonché dalla volontà di contribuire al conseguimento dei suoi scopi in un determinato momento della sua evoluzione. La suddetta condotta partecipativa si esaurisce, quindi, con il compimento delle attività concordate, anche quando queste consistano nella semplice promessa di favori connessi alla carica o all'ufficio rivestiti dal concorrente ed alla contiguità, percepibile all'esterno, di costui con l'associazione mafiosa.
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