Il rifiuto di un pubblico ufficiale di compiere un atto del proprio ufficio, senza giustificato motivo, integra il reato di omissione di atti d'ufficio, anche qualora l'atto richiesto non rientri tra i doveri d'ufficio del pubblico ufficiale, purché sia comunque connesso alle sue funzioni e sia stato richiesto da un soggetto legittimato. Pertanto, il pubblico ufficiale che ometta di compiere un atto richiesto da un privato, senza addurre valide ragioni, commette il reato di cui all'art. 328, comma 2, c.p., a prescindere dalla natura dell'atto richiesto, essendo sufficiente che esso sia connesso alle sue attribuzioni e che il richiedente abbia titolo per avanzare la relativa istanza. La valutazione circa la legittimità della richiesta e la sussistenza di un giustificato motivo per il rifiuto spetta al giudice di merito, il cui accertamento è incensurabile in sede di legittimità, salvo vizi logici o giuridici della motivazione. Inoltre, il decorso del termine di prescrizione non determina l'estinzione del reato, qualora il vizio originario del ricorso impedisca l'ulteriore decorso del termine.