Il reato di atti contrari alla pubblica decenza di cui all'art. 726 c.p. sussiste quando la condotta, pur non offendendo in modo intenso e grave il pudore sessuale, lede il normale sentimento di costumatezza e decoro che deve essere osservato nei rapporti tra i consociati, provocando in questi ultimi disgusto o disapprovazione. Non è necessario che l'atto sia effettivamente percepito da alcuno, essendo sufficiente la mera possibilità che qualcuno potesse percepirlo. Tuttavia, il giudice deve valutare attentamente le modalità concrete della condotta, il contesto di tempo e luogo, nonché l'occasionalità e il grado di colpevolezza, al fine di verificare se il fatto rivesta particolare tenuità e non giustifichi l'esercizio dell'azione penale ai sensi dell'art. 34 d.lgs. 274/2000. L'indeterminatezza della fattispecie e la possibile duplice sanzionabilità dello stesso comportamento, sia in sede penale che amministrativa, impongono un rigoroso scrutinio giudiziale volto a evitare applicazioni arbitrarie o sproporzionate della norma incriminatrice.