Il giudice dell'esecuzione può disporre la confisca ai sensi dell'art. 240-bis c.p. anche di beni acquisiti dal condannato in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di primo grado, purché tali beni siano il frutto del reimpiego di risorse finanziarie possedute prima della condanna, in quanto provenienti da attività delittuose accertate. L'assenza di redditi leciti sufficienti a giustificare gli investimenti patrimoniali effettuati dal condannato o dai suoi familiari, unitamente alla precaria situazione reddituale del nucleo familiare, costituiscono elementi idonei a dimostrare la disponibilità effettiva dei beni in capo al condannato, anche se formalmente intestati a terzi, legittimando il provvedimento di confisca da parte del giudice dell'esecuzione. Il principio di "ragionevolezza temporale" stabilito dalle Sezioni Unite non preclude la confisca di beni acquisiti dopo la sentenza di primo grado, purché vi sia il nesso di derivazione da risorse illecite pregresse, essendo irrilevante la gratuità dell'acquisto o l'esistenza di precedenti indennizzi assicurativi in favore del condannato o dei suoi familiari.