Il giudice di legittimità, nell'esercizio del sindacato di legittimità sulla sentenza di merito, non può sostituire la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito, salvo che non emerga il travisamento della prova, ovvero l'esistenza di una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. In particolare, le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità, previa verifica della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, senza necessità di ulteriori riscontri estrinseci, purché la motivazione sia congrua e coerente con le risultanze processuali. L'aggravante dell'utilizzo del metodo mafioso, prevista dall'art. 7 del d.l. n. 152 del 1991, conv. in l. n. 203 del 1991 (ora art. 416-bis.1 c.p.), ricorre quando la condotta dell'agente, pur in assenza della prova dell'appartenenza ad un'associazione mafiosa, sia idonea a ingenerare nella vittima la consapevolezza che l'agente appartenga a tale contesto criminale, evocando la forza intimidatrice tipica del vincolo associativo. La mancata concessione delle attenuanti generiche, essendo oggetto di un giudizio di fatto, è insindacabile in cassazione se la motivazione è congrua e non contraddittoria. Infine, le questioni non proposte in appello non possono essere dedotte per la prima volta in cassazione.