Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, nel decidere il ricorso proposto da un privato avverso gli atti di revoca di un contratto di locazione di un immobile comunale, ha affermato il principio secondo cui, in assenza di un atto amministrativo che destini espressamente il bene a un pubblico servizio e di una effettiva ed attuale destinazione del bene medesimo a tale scopo, la cessione in godimento dell'immobile comunale a un privato, anche se qualificata dalle parti come concessione, deve essere ricondotta allo schema privatistico della locazione, con la conseguente devoluzione della cognizione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario, anziché a quella del giudice amministrativo. Tale principio si fonda sulla considerazione che l'immobile in questione, non rientrando nelle categorie dei beni demaniali né essendo stato destinato dall'ente proprietario a un pubblico servizio, deve ritenersi parte del patrimonio disponibile del Comune, con la conseguenza che il relativo rapporto contrattuale con il privato non può essere qualificato come concessione amministrativa, ma deve essere ricondotto allo schema privatistico della locazione. La massima sottolinea quindi che, ai fini della corretta qualificazione del rapporto giuridico e della conseguente individuazione della giurisdizione competente, assume rilievo determinante non tanto il nomen iuris attribuito dalle parti al contratto, quanto piuttosto la concreta destinazione impressa al bene dall'ente proprietario e l'effettiva utilizzazione del medesimo. In assenza di tali elementi, il rapporto deve essere inquadrato nello schema privatistico della locazione, con devoluzione della relativa controversia alla cognizione del giudice ordinario.