Il vincolo familiare con esponenti di un'associazione di tipo mafioso, pur costituendo un dato indiziario, non è di per sé sufficiente a comprovare la partecipazione attiva e stabile dell'indagato all'interno del sodalizio criminoso. Per integrare il reato di associazione mafiosa è necessario che emerga un ruolo dinamico e funzionale dell'indagato all'interno dell'organizzazione, tale da implicare una stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del clan, desumibile da indicatori fattuali gravi, precisi e concordanti, come comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", affiliazione rituale, investitura della qualifica di "uomo d'onore", commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici e significativi "facta concludentia". Inoltre, in caso di reato permanente come l'associazione mafiosa, la competenza del giudice ordinario permane anche quando la condotta criminosa, iniziata quando l'imputato era ancora minorenne, si sia protratta fino ad epoca successiva al raggiungimento della maggiore età, trattandosi di un'unica fattispecie di reato non suscettibile di frazionamenti. Infine, la motivazione dell'ordinanza cautelare deve esplicitare le ragioni per cui il giudice ritiene di poter attribuire, al compendio indiziario, un significato coerente all'integrazione dei presupposti normativi per l'adozione della misura, senza limitarsi a un generico richiamo a "numerose conversazioni intercettate" o al "materiale probatorio in atti".