Il sequestro preventivo di beni ai sensi dell'art. 12-sexies del d.l. n. 306/1992 è legittimo quando sussistono il "fumus commissi delicti", ovvero la riconducibilità del fatto contestato all'imputato nell'ambito dei reati indicati nella predetta norma, e il "periculum in mora", rappresentato dalla sproporzione tra il valore dei beni oggetto di sequestro e i redditi dichiarati, nonché dalla mancata giustificazione della loro lecita provenienza. Tali presupposti devono essere accertati dal giudice in modo rigoroso e puntuale, non essendo sufficiente una mera presunzione di illecita provenienza dei beni, ma richiedendosi un'effettiva e concreta verifica della sproporzione tra il valore dei beni e i redditi legittimi, anche attraverso l'esame della documentazione prodotta dall'indagato. Ove tali presupposti siano riscontrati, il sequestro preventivo è legittimo anche in assenza di una sentenza di condanna definitiva, essendo sufficiente l'accertamento di un "fumus" di reato tra quelli previsti dalla norma. La condanna dell'indagato al pagamento delle spese processuali è altresì legittima, in quanto egli è rimasto sostanzialmente soccombente, nonostante l'annullamento del decreto di sequestro ai sensi dell'art. 321 c.p.p., essendo stato comunque confermato il sequestro ai sensi dell'art. 12-sexies.