Il reato di truffa aggravata si configura quando l'agente, mediante artifici o raggiri, induce in errore l'ente erogatore inducendolo a erogare un contributo pubblico non dovuto, anche se il procedimento di erogazione non presuppone l'effettivo accertamento da parte dell'ente dei presupposti del singolo contributo, ma ammette che il riconoscimento e la determinazione del contributo siano fondati, almeno in via provvisoria, sulla mera dichiarazione del soggetto interessato, riservando eventualmente a una fase successiva le opportune verifiche. Pertanto, integrano gli estremi della truffa aggravata non solo le false dichiarazioni contenute nell'autocertificazione, ma anche ulteriori condotte artificiose, come la richiesta di trasferimento della residenza e l'allegazione di dichiarazioni ISEE ottenute attraverso la rappresentazione di informazioni non veritiere sulla composizione del nucleo familiare, volte a indurre in errore l'ente erogatore e a conseguire indebitamente il contributo pubblico. Il dolo del reato di truffa deve essere valutato con riferimento al momento della presentazione della domanda di contributo, senza che possa rilevare un eventuale errore derivante da una errata interpretazione di norme extrapenali, atteso che l'elemento soggettivo del reato deve essere accertato in relazione alla consapevolezza dell'agente di porre in essere una condotta artificiosa idonea a indurre in errore l'ente erogatore. Nella determinazione della pena, il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione comparativa delle circostanze, la cui motivazione è sindacabile in sede di legittimità solo in caso di manifesta illogicità o arbitrarietà.