Il tentativo punibile di un reato si configura non solo attraverso gli atti esecutivi veri e propri del delitto pianificato, ma anche mediante quegli atti preparatori che, in considerazione delle concrete circostanze di luogo, tempo e mezzi utilizzati, dimostrino una rilevante probabilità di conseguire l'obiettivo criminoso programmato e che l'agente si trovi ormai in una fase di non ritorno rispetto all'imminente realizzazione del reato, a meno che non emergano imprevisti fattori che possano mettere in dubbio tale evenienza. In tal caso, l'unico modo per il soggetto agente di dimostrare il recesso dal proposito criminoso è la desistenza volontaria o il recesso attivo, ai sensi dell'art. 56 c.p. La valutazione della sussistenza del tentativo deve pertanto basarsi su un'analisi complessiva degli elementi fattuali, senza che il giudice possa essere vincolato da una mera qualificazione formale degli atti compiuti dall'imputato, essendo necessario accertare concretamente la rilevante probabilità di raggiungimento dell'obiettivo delittuoso, in assenza di eventi imprevedibili non dipendenti dalla volontà del soggetto agente.