Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha affermato che l'ordine di demolizione di opere edilizie abusive costituisce un provvedimento di natura vincolata, per il quale non è necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 della legge n. 241/1990, in quanto l'accertata abusività degli interventi realizzati esclude l'obbligo per l'amministrazione di coinvolgere il destinatario della misura repressiva in fase procedimentale. Inoltre, il Consiglio di Stato ha ritenuto corrette le valutazioni del giudice di primo grado, il quale ha esaminato le caratteristiche realizzative degli abusi, la destinazione funzionale e l'interesse finale al cui soddisfacimento essi sono destinati, affermando che il complesso degli interventi contestati è suscettibile di incidere in via permanente sullo stato dei luoghi, qualificando l'insieme delle opere come un nuovo insediamento abitativo privo di titolo abilitativo. In particolare, il Consiglio di Stato ha rilevato che il manufatto presentava dimensioni superiori ai limiti di tolleranza previsti dall'art. 34, comma 2 ter, del d.P.R. n. 380/2001, e che al suo interno erano stati realizzati interventi, quali l'apertura di una finestra e l'installazione di un piatto doccia, incompatibili con la destinazione d'uso di deposito. Inoltre, la presenza di un "caravan" attrezzato a cucina di notevoli dimensioni, unitamente alla predisposizione di un'area inghiaiata, è stata ritenuta idonea a configurare un mutamento della destinazione d'uso dell'area, non ammesso in zona agricola.