La violazione di qualsiasi obbligo inerente alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, anche diverso dal divieto di recarsi fuori del comune di soggiorno, integra l'ipotesi delittuosa prevista dalla Legge n. 1423 del 1956, art. 9, comma 2, e successive modifiche, e non già quella contravvenzionale di cui al medesimo art. 9, comma 1. Tale scelta legislativa, volta a ricomprendere nell'unica figura delittuosa disciplinata dall'art. 9, comma 2, la violazione degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno e a sottoporre ad un trattamento sanzionatorio più rigoroso ogni infrazione commessa da un soggetto nei confronti del quale, in ragione della sua concreta pericolosità, sia stata ravvisata l'esigenza di una misura di prevenzione più stringente rispetto alla mera sorveglianza speciale, rientra nella piena discrezionalità del legislatore e non si pone in contrasto con alcun precetto costituzionale. Il principio di correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza, volto ad assicurare all'imputato la piena possibilità di difendersi in rapporto a tutte le circostanze rilevanti del fatto, non è violato quando, nei limiti di tale garanzia, nessun elemento che compone l'accusa sia sfuggito alla difesa dell'imputato e il giudice è libero di dare al fatto la qualificazione giuridica che ritenga più appropriata alle norme di diritto sostanziale. Infine, il complessivo trattamento sanzionatorio, congruamente motivato alla luce delle plurime violazioni poste in essere dall'imputato e della sua negativa personalità, non è censurabile.