Il giudice dell'udienza preliminare, nell'esercizio dei poteri di cognizione e decisione attribuitigli dalla riforma processuale, è chiamato a una valutazione di merito sulla consistenza dell'accusa, effettuando una prognosi sulla possibilità di successo della prospettazione accusatoria nel successivo giudizio dibattimentale. Tale valutazione deve essere compiuta alla luce del principio di completezza delle indagini, necessario per consentire all'imputato l'accesso ai riti alternativi, e del dovere di non pregiudicare oltre il necessario la sua situazione processuale. Pertanto, il giudice può legittimamente disporre il proscioglimento dell'imputato quando gli elementi acquisiti, pur se indiziari, non siano idonei a fondare un giudizio di responsabilità, essendo equivoci o insufficienti, e non vi siano ragionevoli prospettive che il dibattimento possa apportare ulteriori elementi probatori a sostegno dell'accusa. In tale contesto, il mero sospetto o la semplice presenza dell'imputato nei luoghi del fatto, così come l'assenza di un chiaro movente, non possono da soli giustificare il rinvio a giudizio, in assenza di indizi chiari, precisi e convergenti che, nel quadro di una valutazione globale, consentano di formulare un giudizio prognostico positivo sulla possibilità di condanna.