Il Comune, nell'esercizio del proprio potere pianificatorio e discrezionale in materia urbanistica, può approvare varianti al piano regolatore generale che comportino l'imposizione di vincoli espropriativi su aree private, anche in contrasto con la precedente destinazione urbanistica, purché tale scelta sia adeguatamente motivata sulla base di valutazioni tecniche e di interesse pubblico prevalente rispetto agli interessi privati coinvolti. In particolare, il Comune può legittimamente localizzare il tracciato di un'opera pubblica, come il completamento di una strada, in modo da ridurre l'impatto sulla rete idrografica, salvaguardare i terreni agricoli e contenere i costi di realizzazione, anche se ciò comporta il sacrificio di aree private a destinazione speciale, come quelle termali, purché tale scelta risulti ragionevole, proporzionata e congruamente motivata in relazione all'utilità pubblica dell'intervento, senza che assuma rilievo la mera prospettazione di un pregiudizio economico per il proprietario privato. Il sindacato giurisdizionale sulle scelte pianificatorie del Comune è limitato alla verifica della legittimità dell'azione amministrativa, senza potersi sostituire alla valutazione discrezionale dell'amministrazione.