Cassazione civile Sez. I sentenza n. 11012 del 12 maggio 2006

ECLI:IT:CASS:2006:11012CIV

Massima

Massima ufficiale
Il principio posto dall'art. 3 della legge n. 689 del 1981 (secondo il quale, per le violazioni amministrativamente sanzionate, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa) postula una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all'agente, sul quale grava, pertanto, l'onere della dimostrazione di aver agito senza colpa. L'esimente della buona fede, intesa come errore sulla liceità del fatto (applicabile anche in tema di illecito amministrativo disciplinato dalla citata legge n. 689 del 1991), assume, poi, rilievo solo in presenza di elementi positivi idonei ad ingenerare, nell'autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato, purchè tale errore sia incolpevole ed inevitabile, siccome determinato da un elemento positivo, idoneo ad indurlo in errore ed estraneo alla sua condotta, non ovviabile con ordinaria diligenza o prudenza. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la scriminante della buona fede in capo ai proprietari di un terreno, che vi avevano costruito benchè sul terreno stesso insistesse un vincolo paesaggistico ambientale, in quanto era stata rilasciata loro concessione edilizia che di tale vincolo non faceva alcuna menzione).

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