Il conflitto di interessi, disciplinato dall'art. 6-bis della legge n. 241 del 1990, è un principio generale di diritto amministrativo che impone ai soggetti che partecipano all'adozione di atti amministrativi di astenersi in caso di situazioni di conflitto, anche solo potenziale, tra l'interesse pubblico perseguito e interessi personali o di terzi. Tale obbligo di astensione opera a prescindere dall'effettiva incidenza del conflitto sull'atto adottato, essendo sufficiente la mera situazione di pericolo di lesione dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa. La violazione di tale obbligo di astensione determina l'illegittimità dell'atto adottato, con conseguente annullamento dello stesso e degli atti successivi, in applicazione del principio di illegittimità derivata. Ciò anche qualora il conflitto di interessi riguardi solo alcuni dei partecipanti alla procedura, in quanto la composizione viziata dell'organo collegiale si riverbera sull'intera attività procedimentale. Il giudice amministrativo può autonomamente valutare la sussistenza del conflitto di interessi sulla base di elementi di fatto, anche acquisiti nell'ambito di procedimenti penali paralleli, senza essere vincolato all'esito di tali giudizi.