Cassazione penale Sez. I sentenza n. 23903 del 28 maggio 2018

ECLI:IT:CASS:2018:23903PEN

Massima

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Il possesso di un'arma comune da sparo clandestina, priva dei segni di identificazione previsti dalla legge, integra il reato di detenzione di arma clandestina di cui all'art. 23, commi 1, 3 e 4, della legge n. 110 del 1975, e non i reati di detenzione e porto illegali di armi comuni da sparo di cui agli artt. 2, 4 e 7 della legge n. 895 del 1967, in quanto le fattispecie previste dalla legge n. 110 del 1975 costituiscono ipotesi criminose speciali rispetto a quelle della legge n. 895 del 1967, in quanto contengono tutti gli elementi costitutivi della condotta di detenzione e porto di un'arma comune da sparo e, in più, l'elemento specializzante della clandestinità dell'arma. Pertanto, il reato di detenzione di arma comune da sparo è assorbito in quello di detenzione di arma clandestina, non essendo configurabile un concorso formale tra le due fattispecie. Il possesso di un'arma clandestina, priva del numero di matricola, integra di per sé il reato di ricettazione, in quanto l'abrasione della matricola, che priva l'arma dei contrassegni identificativi previsti dalla legge, dimostra il proposito di occultamento del possessore e la sua consapevolezza della provenienza illecita dell'arma, in assenza di elementi contrari. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p.; pertanto, la motivazione sulla determinazione della pena è adeguata quando il giudice, anche in modo sintetico, evidenzia la valutazione di uno o più dei criteri indicati nell'art. 133 c.p., senza necessità di un'analitica esposizione dei criteri adottati. Nella fattispecie, la Corte territoriale ha offerto una adeguata motivazione, evidenziando che il fatto-reato non poteva considerarsi di modesto rilievo, trattandosi della detenzione di una pistola clandestina in condizioni di piena efficienza, e che l'assenza di plausibili ragioni per questo possesso rendeva la condotta ancora più offensiva, giustificando la determinazione di una pena base superiore al minimo edittale, pur avendo disapplicato la recidiva in considerazione della sua risalenza.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI ((omissis)) - Presidente

Dott. SARACENO ((omissis)) - Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo - Consigliere

Dott. BINENTI Roberto - Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso la sentenza n. 523/2014 della Corte di Appello di Cagliari - Sezione Distaccata di Sassari in data 14/07/2016;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MINCHELLA Antonio;
Lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott.ssa DE MASELLIS Mariella, la quale ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata sul punto relativo al trattamento sanzionatorio.
RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza in data 09/07/2014 i…

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