Il pericolo di reiterazione del reato, quale presupposto per l'applicazione di una misura cautelare personale ai sensi dell'art. 274, lett. c), c.p.p., può essere desunto sia dalle specifiche modalità e circostanze del fatto concreto contestato, sia dai precedenti penali e comportamentali dell'indagato, senza che sia necessaria la concorrenza di entrambi i parametri. Infatti, la novella legislativa del 1995 ha inteso qualificare direttamente la nozione di "personalità" dell'indagato con riferimento a tali elementi oggettivi, escludendo una valutazione meramente soggettiva, al fine di scongiurare applicazioni troppo discrezionali e poco garantiste della norma. Pertanto, il giudice può fondare la prognosi di pericolosità sociale anche sulla sola gravità del fatto, senza che la mancanza di precedenti penali dell'indagato possa vanificare tale valutazione, in quanto il legislatore non ha inteso esonerare i "delinquenti primari" dalle misure cautelari. Ciò che il giudice non può assumere come sintomo di pericolosità è il mero "tipo" di reato contestato, mentre può valutare come indice di pericolosità sia le specifiche modalità concrete del fatto, sia i precedenti e i comportamenti dell'agente.