Il reato di maltrattamenti in famiglia di cui all'art. 572 c.p. si configura quando la condotta abituale e persistente di umiliazione, sopraffazione e violenza fisica e psicologica, anche in presenza di minori, crea una situazione di sofferenza e disagio abituale e perdurante per la vittima, a prescindere dalla gravità degli episodi singolarmente considerati. La valutazione della sussistenza del requisito dell'abitualità della condotta deve essere effettuata in concreto, tenendo conto della durata, frequenza e intensità degli atti di violenza, nonché del contesto in cui essi si inseriscono, senza che sia necessaria la prova di un determinato numero di episodi. Le dichiarazioni della persona offesa, se ritenute credibili e attendibili, possono costituire prova sufficiente ai fini della configurazione del reato, senza necessità di ulteriori riscontri, purché la motivazione dia conto in modo esaustivo delle ragioni che inducono a ritenere attendibile il suo racconto. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione delle prove e nella ricostruzione dei fatti, sindacabile in sede di legittimità solo in caso di manifesta illogicità o travisamento della prova.