Il giudice di merito, investito di un'impugnazione erroneamente qualificata come appello avverso una sentenza di condanna del giudice di pace alla sola pena pecuniaria, non può dichiararne l'inammissibilità, ma deve limitarsi a trasmettere gli atti alla Corte di Cassazione, quale giudice competente a decidere sull'impugnazione. Ciò in quanto, in caso di impugnazione di un provvedimento giurisdizionale con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l'atto deve verificare soltanto l'oggettiva impugnabilità del provvedimento e l'esistenza di una voluntas impugnationis, senza necessità di adottare un atto giurisdizionale, e deve quindi trasmettere gli atti al giudice competente. Spetta alla Corte di Cassazione valutare l'ammissibilità dell'impugnazione, riqualificata come ricorso per cassazione, alla stregua della disciplina propria di tale mezzo di impugnazione, verificando se l'impugnante abbia voluto articolare effettivamente ed esclusivamente un'impugnazione di merito, come tale inammissibile. Tuttavia, l'impugnazione erroneamente definita appello non può superare il vaglio di ammissibilità come ricorso per cassazione, in quanto la richiesta di rinnovazione istruttoria formulata dall'impugnante rivela la scarsa adattabilità dell'impugnazione a tale categoria e l'assenza del carattere di autosufficienza, nonché la genericità della doglianza, atteso che l'allegazione della copia dell'ordinanza di annullamento del decreto di espulsione non consente di comprendere quale incidenza possa avere ai fini della configurabilità del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, la cui condotta si sostanzia non già nella violazione di un provvedimento di espulsione, ma nel fare ingresso nel territorio dello Stato o nel trattenersi nello stesso senza titolo e quindi abusivamente.