Cassazione penale Sez. V sentenza n. 34490 del 16 settembre 2021

ECLI:IT:CASS:2021:34490PEN

Massima

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Il reato di riduzione in schiavitù si configura quando l'agente, mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, sottopone una persona a uno stato di soggezione continuativa, privandola della libertà di autodeterminazione. Tale condizione di assoggettamento può essere desunta da una pluralità di elementi probatori, tra cui le percosse, le minacce anche nei confronti della famiglia della vittima, l'evocazione di riti voodoo, le pressioni per il pagamento di un riscatto inteso come prezzo della libertà, nonché il compimento di atti strumentali al proseguimento dello sfruttamento, come il procurato aborto clandestino. La valutazione di tali elementi deve essere unitaria e non atomistica, senza che il giudice di legittimità possa sindacare la congruità delle scelte valutative compiutamente argomentate dal giudice di merito, il quale è l'unico competente a valutare il compendio probatorio.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano - Presidente

Dott. BELMONTE ((omissis)) - Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere

Dott. SESSA Renata - rel. Consigliere

Dott. BORRELLI Paola - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata (OMISSIS);
(OMISSIS), nata (OMISSIS);
Avverso la SENTENZA del 27/11/2019 della CORTE di ASSISE di APPELLO di TORINO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dr. ((omissis)) BELMONTE;
letta la requisitoria scritta, del 26 maggio 2021, del Sostituto Procuratore Generale, Dr. GIORDANO Luigi, che ha concluso per la inammissibilita' del ricorso.
udienza camerale senza discussione orale ex Decreto Legge n. 137 del 2…

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