Il reato di frode in commercio, di cui all'art. 515 c.p., si configura quando l'agente consegna una merce diversa da quella pattuita, facendola passare fraudolentemente per un prodotto di qualità superiore. Ai fini della configurabilità del reato, non è necessaria una perfetta corrispondenza tra la contestazione e la sentenza di condanna, essendo sufficiente che l'imputato sia stato messo in condizione di conoscere il fatto addebitato e di apprestare adeguatamente la propria difesa. La colpevolezza dell'imputato può essere desunta da elementi di prova, quali le analisi chimiche effettuate su campioni del prodotto, che dimostrino l'effettiva diversità qualitativa della merce consegnata rispetto a quella pattuita. In tali casi, la divergenza formale tra contestazione e sentenza non determina una violazione del principio di correlazione, purché non vi sia un pregiudizio concreto per i diritti di difesa dell'imputato. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione delle prove, purché la motivazione sia logica e coerente, senza che sia necessario un puntuale riscontro di ogni singolo elemento di prova.