La massima giuridica che si può trarre dalla sentenza è la seguente: L'abrogazione della norma che consentiva agli enti locali di aumentare le tariffe dell'imposta comunale sulla pubblicità non determina il ripristino automatico della tariffa base prevista dalla legge, ma comporta soltanto l'impossibilità per i comuni di deliberare ulteriori aumenti. Pertanto, le tariffe maggiorate già legittimamente deliberate prima dell'entrata in vigore della norma abrogativa restano valide e applicabili, fermo restando il potere discrezionale dei comuni di confermarle o di ridurle fino al livello della tariffa base. La norma interpretativa che salva gli aumenti tariffari deliberati prima dell'abrogazione non ha carattere innovativo, ma si limita a chiarire che l'effetto abrogativo non si estende retroattivamente a tali aumenti, i quali non possono essere considerati automaticamente trasformati in tariffe base. Inoltre, la sopravvenuta impossibilità di deliberare aumenti non determina una discriminazione a danno degli enti che in precedenza non avevano esercitato tale facoltà, in quanto la scelta di confermare o meno le tariffe maggiorate resta comunque una valutazione discrezionale dell'amministrazione, suscettibile di sindacato giurisdizionale.