Il giudice di legittimità, nell'ambito del procedimento di prevenzione patrimoniale, può disporre la confisca di beni immobili riconducibili al proposto, anche se formalmente intestati a terzi, qualora emerga che il proposto ne abbia avuto la disponibilità effettiva e che il valore degli stessi risulti sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati e documentati. Il giudizio di pericolosità sociale del proposto, ai fini della confisca, può fondarsi sulle precedenti condanne per reati contro il patrimonio e in materia di stupefacenti, che denotino una dedizione abituale ad attività delittuose finalizzate al conseguimento di profitti illeciti, anche in assenza di prova diretta dell'impiego di proventi derivanti da tali attività per l'acquisto dei beni. L'onere di provare la legittima provenienza dei beni grava sul proposto, il quale deve fornire elementi probatori idonei a giustificare la disponibilità di risorse economiche lecite, adeguate all'entità degli acquisti effettuati; la mera allegazione di fonti reddituali, in assenza di riscontri documentali, non è sufficiente a superare la presunzione di illiceità della provenienza dei beni. Il ricorso per cassazione nel procedimento di prevenzione è ammesso solo per violazione di legge, intesa come motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, e non per censurare la valutazione di merito compiuta dal giudice di merito in ordine alla pericolosità sociale del proposto e alla legittimità della provenienza dei beni.