Cassazione penale Sez. I sentenza n. 34622 del 17 settembre 2021

ECLI:IT:CASS:2021:34622PEN

Massima

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Il tentato omicidio commesso mediante l'utilizzo di un veicolo a motore come arma, con reiterazione di manovre aggressive e pericolose dirette in modo non equivoco a cagionare la morte delle vittime, integra il delitto di tentato omicidio doloso, anche quando l'evento letale non si sia verificato per cause indipendenti dalla volontà degli agenti. Il dolo omicidiario può essere desunto dalla idoneità e non equivocità degli atti compiuti, dalla modalità di esecuzione della condotta e dalle espressioni minacciose e discriminatorie pronunciate dagli imputati, che rivelano la finalità di odio razziale che ha caratterizzato l'azione criminosa. Il concorso di più soggetti nel tentato omicidio può essere affermato sulla base della condotta complessiva tenuta dagli imputati, anche quando uno di essi non abbia materialmente eseguito gli atti di investimento, qualora il suo contributo, attraverso atti di istigazione, rafforzamento della determinazione criminosa del concorrente e partecipazione attiva all'azione tipica, risulti causalmente rilevante. L'aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso è configurabile quando l'azione, per le sue caratteristiche e il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio, ovvero quando essa si rapporti a un pregiudizio manifesto di inferiorità di una razza, come nel caso di ricorso ad espressioni ingiuriose che rivelino l'inequivoca volontà di discriminare la vittima in ragione della sua appartenenza etnica o religiosa. La circostanza attenuante della provocazione non può essere riconosciuta quando il fatto apparentemente ingiusto della vittima, cui l'agente abbia reagito, sia stato determinato a sua volta da un precedente comportamento ingiusto dello stesso agente o sia frutto di reciproche provocazioni, in quanto in tali ipotesi si esorbita dall'ambito dell'attenuante. La determinazione della pena, pur nel rispetto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale è tenuto a dare conto dell'impiego di tali criteri anche con espressioni sintetiche, salvo che la pena, oltre ad eccedere il minimo edittale, si attesti a livelli più elevati, richiedendosi allora una specifica e dettagliata motivazione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo - Presidente

Dott. SIANI Vincenzo - rel. Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco - Consigliere

Dott. MAGI Raffaello - Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 14/02/2020 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SIANI VINCENZO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LOY MARIA FRANCESCA che ha concluso chiedendo quanto segue.
Il P.G. conclude chiedendo l'inammissibilita' del ricorso.
Uditi i difensori:
L'avvocato (OMISSIS) conclude ch…

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