Il vizio totale o parziale di mente, anche sotto forma di disturbi della personalità, può escludere o scemare grandemente la capacità di intendere e di volere dell'imputato, purché sia di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla condotta criminosa e sussista un nesso eziologico tra il disturbo mentale e il fatto di reato. A tal fine, è necessario un attento esame della documentazione medica, anche pregressa rispetto ai fatti contestati, al fine di accertare l'eventuale sussistenza di patologie psichiatriche o neurologiche che possano aver compromesso, in tutto o in parte, le facoltà mentali dell'imputato al momento della commissione del fatto. Ove emergano elementi di dubbio in tal senso, il giudice è tenuto a disporre una perizia psichiatrica mirata a valutare l'imputabilità dell'imputato, senza limitarsi a considerazioni generiche sulla capacità di intendere e di volere desumibili dalla sola condotta successiva ai fatti. L'accertamento dell'imputabilità riveste carattere di priorità logica e giuridica rispetto alla valutazione della responsabilità penale e del trattamento sanzionatorio.