La condotta di versamento in banca di un assegno falsificato nell'importo e nel nome del beneficiario, in assenza di rapporti con la società emittente o con quella originariamente beneficiaria, integra il reato di ricettazione e falsificazione di assegno, nonché di tentata truffa, in quanto tale comportamento dimostra la consapevolezza dell'imputato circa la provenienza illecita del titolo e la sua falsificazione, senza che rilevi il silenzio serbato dall'imputato, il quale non ha l'obbligo di fornire giustificazioni. La motivazione della sentenza di condanna, che si fonda su tale convergenza di elementi indiziari, non è manifestamente illogica e pertanto non può essere censurata in sede di legittimità, essendo il controllo di questa Corte limitato alla verifica della compatibilità della decisione con il senso comune e della completezza della motivazione in relazione alle critiche mosse con l'atto di impugnazione. Inoltre, la nuova disciplina della prescrizione introdotta dalla c.d. Legge ex Cirielli non ha determinato la prescrizione dei reati contestati, in quanto il termine massimo di prescrizione non è ancora maturato alla data della pronuncia della sentenza di appello, alla cui data retroagisce l'irrevocabilità per effetto della dichiarazione di inammissibilità del ricorso.