Il concorso morale nella commissione di falsi atti pubblici finalizzati alla realizzazione di truffe pensionistiche, pur in assenza di una diretta partecipazione materiale alla falsificazione, sussiste quando l'imputato, consapevole della condotta illecita, abbia volontariamente e consapevolmente contribuito al conseguimento del profitto illecito derivante dalla percezione della pensione di invalidità fraudolentemente ottenuta. Pertanto, la responsabilità penale dell'imputato può essere affermata sulla base di un compendio probatorio costituito da elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, anche in assenza di una confessione diretta, purché la motivazione della sentenza di condanna escluda in modo logico e congruo eventuali ipotesi alternative prospettate dalla difesa, in quanto prive di riscontri processuali e non razionalmente plausibili. Inoltre, la minaccia di conseguenze giudiziarie rivolta alla persona offesa in concorso con altre persone riunite integra l'aggravante della pluralità di persone, senza che sia necessaria la prova di un previo accordo tra i concorrenti. Infine, le dichiarazioni rese dalla persona offesa sono utilizzabili ai fini della decisione, anche in assenza di indizi di reità a suo carico al momento della deposizione, qualora il compendio probatorio risulti comunque idoneo a superare il ragionevole dubbio sull'accusa, in ragione della spontaneità, puntualità e attendibilità delle ammissioni dell'imputato.