Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'interesse ad impugnare una sentenza, necessario ai sensi dell'art. 100 c.p.c. per la proponibilità del gravame, deve essere valutato in concreto, in relazione all'utilità giuridica che l'eventuale accoglimento del ricorso può apportare alla parte ricorrente, non potendo consistere nella mera correzione della motivazione o di una sua parte. Pertanto, deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse l'impugnazione proposta dalla parte che non risulti soccombente nelle decisioni impugnate e non abbia, quindi, la possibilità di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile dall'eventuale accoglimento del gravame. Tale principio si fonda sul combinato disposto degli artt. 100 c.p.c., 111 Cost. e 88 c.p.c., che sanciscono rispettivamente il requisito dell'interesse ad agire, il principio della ragionevole durata del processo e il divieto di abuso del processo. La Corte di Cassazione, nel caso di specie, ha ritenuto che il ricorrente non fosse soccombente nelle sentenze impugnate, essendo state le sue eccezioni accolte, e pertanto non avesse interesse a proporre il ricorso, non potendo conseguire alcun risultato utile dall'eventuale accoglimento dello stesso. L'interesse ad impugnare, quindi, deve essere valutato in concreto, in relazione all'utilità giuridica che l'accoglimento del gravame può apportare alla parte ricorrente, e non può consistere nella mera correzione della motivazione o di una sua parte.