Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, in caso di successione di misure custodiali applicate in diversi procedimenti originati da distinte ed autonome notizie di reato, è ammissibile soltanto quando, pur in assenza della desumibilità dagli atti dei fatti oggetto della successiva ordinanza, tra i fatti oggetto delle due misure sussista una connessione qualificata dal vincolo della continuazione o dal nesso teleologico. Pertanto, ai fini della valutazione della legittimità del diniego alla richiesta di declaratoria di inefficacia della misura cautelare per la retrodatazione dei termini, occorre accertare se alla data di adozione della prima misura fossero già desumibili gli elementi giustificanti l'adozione della seconda misura e, in caso negativo, se il fatto oggetto della seconda misura fosse già compreso nel programma associativo del reato per cui era stata adottata la prima misura. Solo in presenza di tali presupposti è possibile ritenere sussistente la connessione qualificata tra i fatti oggetto delle due misure, tale da legittimare la retrodatazione dei termini di custodia cautelare.