La massima giuridica che si può trarre dalla sentenza è la seguente: L'aggravante del metodo mafioso di cui all'art. 7 del d.l. n. 152 del 1991 sussiste quando, pur in assenza di una formale appartenenza dell'autore del reato ad un'associazione di tipo mafioso, risulti provato che egli abbia agito avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dell'assoggettamento omertoso che tale forza ha generato e sviluppato nel contesto ambientale di riferimento. A tal fine, non è necessario dimostrare l'esistenza di un sodalizio criminoso di stampo mafioso, essendo sufficiente provare che l'autore del reato abbia agito consapevole di poter sfruttare la capacità intimidatrice di organizzazioni criminali operanti nel territorio. Le dichiarazioni della persona offesa, se ritenute attendibili, possono costituire prova sufficiente della sussistenza dell'aggravante, senza necessità di ulteriori riscontri esterni, purché valutate in un contesto unitario con gli altri elementi probatori, senza procedere ad una frammentaria e atomistica valutazione degli stessi. Inoltre, ai fini dell'integrazione del reato di scambio elettorale politico-mafioso di cui all'art. 416-ter c.p., l'oggetto dello scambio vietato non si limita alla dazione di denaro, ma può consistere in qualsiasi bene che rappresenti un valore economicamente quantificabile, essendo sufficiente che l'indicazione di voto sia percepita come proveniente dal clan e sorretta dalla forza intimidatrice del vincolo associativo.