Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 3068 del 28 agosto 1992

ECLI:IT:CASS:1992:3068PEN

Massima

Massima ufficiale
Anche l'ordinanza, emessa dal Tribunale in sede di riesame o di appello sull'impugnazione avverso provvedimenti "de libertate", deve seguire lo schema formale motivazionale previsto dall'art. 292, comma secondo, lettere b) e c), con riguardo agli articoli 192, comma primo e 125, comma terzo, del codice di procedura penale. Pertanto, il giudice, nel redigere tale provvedimento, ha obbligo, a pena di nullità, di esporre, anche nel contesto, gli elementi di fatto ritenuti e posti a fondamento del giudizio e sui quali si sorreggono le determinazioni assunte. Tale esposizione è parte integrante ed essenziale della motivazione del provvedimento ed appare tanto più necessaria dato che il provvedimento "de quo" è impugnabile solo per cassazione e la Corte, per effetto delle disposizioni di cui all'articolo 606 del predetto codice di rito, è inabilitata a fornire giudizi di merito; in particolare, le è inibito accedere alla consultazione degli atti al fine di verificare la carenza o illogicità della motivazione (comma primo lett. e) del predetto articolo 606). Ne consegue che per esercitare il controllo di legittimità sull'adeguatezza, congruità e logicità della motivazione del provvedimento impugnato, la Corte deve rifarsi alla ricostruzione storica della vicenda processuale fornita dal giudice del merito ed ai giudizi sul fatto circa l'attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza del dato in cognizione, nei termini dallo stesso assunti (purché le relative operazioni risultino assistite dagli usuali canoni ermeneutici) sicché, ove tale ricostruzione e giudizi manchino o risultino frammentari - tanto da non renderne intelligibili gli esatti contorni e comprensibile la valenza accertativa -, la Corte viene posta nella impossibilità di esplicare correttamente il suo ruolo di pura legittimità. (Fattispecie nella quale il Tribunale del riesame, nel decidere sull'impugnazione avverso ordinanza impositiva di detenzione in carcere, a fronte di articolato e complesso motivato in fatto, si era astenuto dal fornire la sua ricostruzione sulle vicende storiche a base della decisione e dal formulare giudizi sui punti cruciali delle acquisizione poste a fondamento della misura, facendo isolati e sconnessi riferimenti a singole circostanze, sicché il "fatto" - nella sua duplice implicazione di vicenda storica e di valutazione dei relativi dati probatori - non risultava conoscibile attraverso la lettura del provvedimento impugnato; per questo, la Corte ne ha dichiarato la nullità e, nel rinviare allo stesso giudice per nuova delibazione, ha dettato il principio di diritto sopra massimato).

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