Cassazione penale Sez. II sentenza n. 12888 del 26 marzo 2015

ECLI:IT:CASS:2015:12888PEN

Massima

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Il tentativo di recuperare un credito mediante minacce e intimidazioni riconducibili a metodi mafiosi, anche nei confronti della famiglia della persona offesa, integra il reato di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in quanto la coartazione della volontà altrui assume i caratteri dell'ingiustizia, trasformandosi in una condotta estorsiva, anche in assenza di certezza circa l'esistenza e l'entità del credito vantato. Infatti, quando il terzo, estraneo al rapporto obbligatorio, agisce con violenza o minaccia nei confronti del debitore al fine di ottenere l'asserito credito, si è al di fuori dell'esercizio arbitrario di ragioni previsto dall'art. 392 c.p. Pertanto, le modalità intimidatorie e mafiose utilizzate per il recupero del credito, anche nei confronti della famiglia della persona offesa, denotano l'insussistenza di un credito facilmente riscuotibile, ove sussistente, certo e liquido, attraverso l'azione giudiziaria, integrando così il reato di estorsione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Ciro - Presidente

Dott. IANNELLI Enzo - rel. Consigliere

Dott. GALLO Domenico - Consigliere

Dott. LOMBARDO Luigi - Consigliere

Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 771/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del 22/03/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/03/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;

Letti gli atti, la sentenza impugnata, i ricorsi;

Udita la relazione del cons. ((omissis));

Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, ((omissis)), per il rigetto dei ricorsi;

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