La Regione, in sede di approvazione del piano regolatore generale comunale, può apportare direttamente modifiche allo strumento urbanistico solo nei limiti previsti dalla legge, ovvero per assicurare il rispetto di altri strumenti di pianificazione regionali, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici, nonché l'adozione di standard urbanistici minimi. Tali modifiche devono essere adeguatamente motivate e fondate su un'istruttoria completa ed approfondita, senza poter incidere sulle caratteristiche essenziali del piano e sui suoi criteri di impostazione. L'intervento regionale non può essere giustificato dalla sola esigenza di garantire uno spazio pubblico a servizio di un edificio religioso, in assenza di una dimostrata necessità di tutela di beni di interesse storico, artistico o ambientale. Inoltre, la Regione non può modificare unilateralmente la destinazione urbanistica di un'area di proprietà privata, senza una puntuale verifica della sussistenza dei presupposti di legge e senza tener conto delle precedenti scelte pianificatorie del Comune, che risultino adeguatamente motivate e non manifestamente irragionevoli. In tali ipotesi, il provvedimento regionale è sindacabile per difetto di istruttoria e di motivazione.