La distinzione tra attività di somministrazione e consumo sul posto di prodotti alimentari deve essere effettuata sulla base di una valutazione complessiva del contesto organizzativo in cui viene esercitata l'attività, senza che la mera presenza di tavoli e sedie per il consumo sul posto sia di per sé sufficiente a configurare un'attività di somministrazione. Ai fini della qualificazione dell'attività, occorre considerare elementi quali la natura, la tipologia e il numero dei tavoli e delle sedie utilizzati, l'entità della superficie destinata al consumo sul posto rispetto a quella complessiva, nonché la presenza di altri indici rivelatori di un contesto organizzativo funzionale ad una vera e propria attività di somministrazione, piuttosto che ad un mero consumo sul posto accessorio alla vendita da asporto. La semplice indicazione della superficie destinata alla "vendita/consumo" non è di per sé sufficiente a dimostrare la prevalenza dell'attività di somministrazione, essendo necessario un accertamento più approfondito della concreta organizzazione dell'offerta e delle modalità di fruizione da parte della clientela. In assenza di tali elementi, non può ritenersi integrato il requisito organizzativo minimo da cui desumere lo svolgimento, in fatto, di un'attività di somministrazione, con la conseguente illegittimità del provvedimento che ne dispone la cessazione.